Ci sono giorni in cui il Marocco si presenta e senza bussare mi spalanca la porta di casa.
Fanno sempre così, questi nordafricani.
Mica chiedono il permesso, ma va là.

Mica chiedono se possono parlarti, se possono spingerti, se possono coinvolgerti nelle loro faccende. Ma va là. Mica si chiedono se possono farti innamorare di loro.
Loro lo fanno e basta e tu glielo lasci fare.
Poi ti ritrovi avvolta dalla nebbia e da una pioggerellina costante.
Italia. Casa.
Le voci, le espressioni, i modi di fare ti riportano, tutti i giorni, là. Certe volte non ci fai nemmeno caso perché hai imparato a difenderti,
poi arriva qualcuna che sfonda la porta. Di nuovo. In modo diverso, ma alla fine te la ritrovi in salotto mentre prepari la cena.
Africa. Casa.
Come sopravvivere al mal di Nord Africa?
Come vivere sotto la nebbia ed essere felice ugualmente?
Questo è il peggior giorno che potessi scegliere per rispondere,
pertanto ci proverò.
Mi guardo allo specchio e noto la ruga di mia madre che da qualche giorno fa capolino in mezzo alla fronte. Mzien! Cerchiamo di essere sincera, dico a quella stronza
(della ruga, eh!)
La vera domanda è: qual è il bisogno che sta alla base della tua malinconia?
Come ti faceva sentire la vita a Casablanca?
E la risposta me l’ha data un danzatore:
B., tu sei di una bellezza ruspante.
Ecco, cos’è.
Io, nella quotidiana lotta tra l’odio e l’amore per una cultura* a cui non appartengo, ero bella.
*”Una cultura a cui non appartengo ma che mi appartiene.”
Ero bella perché bizzarra, coraggiosa, ruspante.
Perché una donna occidentale da sola al suq di Darb Sultan, non si vedeva mai.
Perché una donna occidentale che accettava di unirsi al tajine di sconosciuti sulla spiaggia a Rabat, era cosa rara.
Perché una donna occidentale con un uomo arabo, ma perché?!
Mi son chiesta se questa nostalgia non fosse solo egocentrismo, in fondo là ero bizzarra e qui sono normale e la risposta me la sono data attraversando i viali con il
semaforo rosso.
Io quella motivazione lì, di andare e di fare solo perché lo voglio.. ho scoperto di averla in Marocco.
Quel mento alto, che colcazzo che lo piego, ho scoperto di averlo in Marocco. Quello sguardo in faccia, che colcazzo lo abbasso perché sono una donna, anche quello,
l’ho trovato là.
Ma anche offrire cibo agli sconosciuti, chiamare (pensare!) gli altri come “huja” (fratello), imparare a sentirmi me nei miei contrattabili ma presenti confini,
anche tutto ciò l’ho appreso oltre Tangeri.
E’ quella energia che ti fa dire quello che pensi quando sei nata timida e per cui non ti viene naturale ma ogni volta è uno sforzo,
ogni volta metti un piede nella fiducia in te stessa e lo togli dalle gote che arrossiscono.
E’ quella energia che ora mi permette di stare in un gruppo di sconosciuti in modo sereno.
Perché so che ne sono capace. Perché sono sopravvissuta a cene di famiglia allargata in cui mi sentivo dentro un documentario.
Perché sono stata alla festa del trono indossando un abito in prestito e ho offerto la cena a dei bambini di strada. E sono rimasta io.
Il Marocco è la bellezza ruspante, perché non ci sopravvivi se non fai uscire la selvaggia che è in te.
Quella che può andare al mercato a fare la spesa pagando come i locali, quella che si prende cura di sé andando all’hammam con le donne del quartiere.
Perché il Marocco mi ha insegnato questo: a difendermi e a prendermi cura.
Allora, così ci sopravvivo, al mal di Nord Africa:
con un impacco di erbe miste sconosciute, mischiate a infuso di camomilla, yogurt e olio di cipolla per la crescita dei capelli.
Con un libro di disegni da colorare
con una cena a base di wurstel e patatine fritte, poi da domani si torna a zuppe di legumi e verdurine
con un progetto nuovo, anzi due, forse tre: perché so di essere capace.
Non ero così sfrontata prima, non ero così diretta né coraggiosa.
Non alzavo la voce, non troncavo i rapporti, non mi buttavo davvero.
E adesso?
Adesso cosa fai?
Lo prendi il rischio di tornare?
Marocco. Casa.

“Perché sono sopravvissuta a cene di famiglia allargata in cui mi sentivo dentro un documentario.”
Sono assolutamente e inesorabilmente fan!
Se non avessi queste perle quasi tutti i giorni direi che sono sorpresa dal coraggio che c’é dietro questo articolo! Brava sorella, I’m proud of you.
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..già che mi chiami sorella, WoW! 🙂 Un abbraccio
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Come ti capisco, il Marocco ti entra dentro senza permesso e non ti lascia più andare via. 🙂
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Mi consolo! 🙂 sottopelle dal 2015 e forse da ancora prima…. Nella mia esperienza o si ama o si detesta, così forte,così estremo, così potente. E intanto continuo ad immaginare il prossimo viaggio!
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