La mia Ifriqiya

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Sulla Spiaggia oltre Sidi El Masour, Kelibia, Tunisia, 2018

 

La mia Ifriqiya è un fiore gigante di ibiscus essicato in mezzo alle pagine del diario.

E’ la sensazione di libertà che solo essere seduta su un sedile sgarrupato di qualche mezzo di trasporto popolare mi regala.
E’ osservare le famiglie delle coppie miste che vanno in vacanza nel Paese del papà e immaginarmici, almeno un po’.
E’ il profumo del gelsomino che ti arriva alle cervella risalendo come un tornado su per le narici: entra velocemente in casa, dopo aver sbattuto il cancello, come fanno due amanti  che non si vedevano da troppo tempo; corre, corre come E.  quando vede la sua mamma e ride in quel modo che ogni stanchezza si dissipa ed è forte, è forte come la voce di una donna che dice “basta” e lo fa davvero. E’ intenso.
Il profumo del gelsomino è intenso quanto quello del Muscat bianco di Kelibia e quanto lo sguardo degli uomini, occhi neri, di terra, forse carichi di rabbia, magari anche di attrazione fisica.

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Il gelsomino, la Sorellanza, la Fiducia e il Flusso. Non manca niente per essere Felice.

Come si fa a spiegare l’idea di sentirsi a casa in qualsiasi luogo che sta a sud di Roma?
Sono forse già vissuta in una medina, coi fili di panni stesi tirati da una finestra all’altra? E’ per questo che perdutamente amo i vicoli di Genova quanto quelli Napoletani, le stradine bianche di Ostuni, Cisternino, la piazza di Al-Qairouan illuminata, di notte, di giallo?

Chi ero io prima?
Abitavo qui?

Cosa c’entro io con queste donne che entrano in acqua pesanti sotto metri di stoffa o, immagine ancora più dura per me, restano sotto l’ombrellone vestite mentre il marito gioca in acqua con il figlio (maschio)?
Come faccio a sentirmi a casa QUI?
Eppure è così.
Io sento di appartenere a queste terre, di poterle amare senza capirle fino in fondo.

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Sidi Bou Said, Tunisia, 2018

E’ inspiegabile l’odore.

Quello che si è “imposto con amore” nel mio naso appena uscita dall’aeroporto come un Bentornata, habibati.
E’ polvere? E’ Nord Africa?
Ma ha veramente un odore il Nord Africa? Le terre hanno odore? Quelle d’Africa, SI.

Non so spiegare nessuno degli odori sentiti, ma li riconoscerei tra mille, come la voce di mia madre o la bocca dell’uomo che amo. Istinto e cuore. Passato e presente.

La mia Tunisia è stata imparare a prendermi cura di me, ed in particolare, dei miei confini: quello che accade intorno, anche discutere con qualcuno di molto, molto caro non può violare il mio spazio e l’armonia di questi giorni.
I miei giorni ifriqyani sono stati un inno all’auto-conservazione e auto-conversazione: Non mi lascio invadere.
Sono felice di questo tempo e non permetterò a nessuno di contaminare questa energia.
Così spegnerò il telefono, se necessario. Così declinerò l’invito del cameriere per mangiare insieme. Così tornerò in stanza a leggere, da sola.

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La mia Tunisia è stata un grande “chissenefrega“: Fare come fa il mare, anzi, come fa La Mare.
Quella massa immmisurabile di acqua che tutto uccide e tutto dà alla luce, con la stessa amabile indifferenza. Gli uomini escono all’alba per pescare. Le donne ci entrano vestite da capo a piedi. I bambini giocano. In tanti ci muoiono; in tanti, sospinti proprio dalle onde, raggiungono le coste da vivi.
Ci sono i coralli, i pesci piccoli mangiati da quelli grandi, i sacchetti di plastica abbandonati e le lettere d’amore scritte su carta gialla che si sciolgono, molto prima.
La mare non fa differenza: come Madre Terra tutto ama e tutto può e soprattutto, continua ad essere Sè Stessa. Le onde continuano a fare l’amore con la sabbia, le conchiglie sulla riva a lasciarsi ribaltare, leggere.

Chi sono allora io per non poterla imitare?

Perché non prendo anche io – tutto, o almeno una parte del tutto- in questo modo?

Perché non aggiungo un “Chissenefrega” a tutto ciò che capita?

Non per indifferenza, ma per amore della leggerezza (“bambina, con leggerezza”).
Ecco come voglio tornare dalla Tunisia: Leggera.
Come la piuma di un braccialetto che mi è stato regalato a Mahdia.

Voglio affrontare i cambiamenti con leggerezza.
Voglio esserci, nella Vita e nella Morte, con leggerezza.

Sono un’anima intensa, ma in cammino verso la leggerezza.

dav
E in sottondo “Yiruma – Moonlight”

 

 

 

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