Non ci si può fare niente*

-Qui invece solita routine. Il lavoro, le cose da fare, settembre, é finita l’estate, ma sai, non ci si può fare niente!
* …

La guardo, il sole é ancora caldo, non mi avanzano parole in bocca, sorrido, inclino il capo e mi catapulto in un salotto d’altri tempi: le tapparelle abbassate, un divano di velluto verde scuro e un televisore, tre adulti e due bambini intorno a un tavolo.
I piccoli, seduti sulla sedia, sono ancora così piccoli che i piedi non toccano terra e penzolano a mezz’aria le scarpe con le luci nelle suole.

Hanno in mano una pinzatrice, come i grandi, ma, a differenza loro, non hanno una vaga idea di quel che stanno facendo: preparare buste di cocaina.

Scampia.
Anni 90. Anni 2000. E da qualche parte, anche ora.

“Non ci si può fare niente” neanche qui.
Nasci a Scampia, centro nevralgico (non del nuovo mondo ma) dello spaccio, tra camorra ed eroina.

Pure se i tuoi genitori sono fuori da questi giri, pure se ci provano in tutti i modi a tenertici lontano, pure se non sai veramente cosa stai facendo. Pure se farlo, alla fine, diventa l’unica possibilità che ti sembra di avere.

“Non ci si può fare niente”.
Il palo, lo spaccio, la gestione di una “piazza”, il carcere come rito di iniziazione, come passaggio per essere ammesso nell’unica comunità che conta.
La droga. La rabbia. Una famiglia che non sa più cosa fare.

“Non ci si può fare niente”
I tentati suicidi, le condanne, la droga, chi prometteva fratellanza eterna che ti tradisce, la droga, di nuovo. Una condanna lunga che sembra non poter finire mai.

Poi Il fondo.
Sai come Quando ti tuffi in piscina, a bomba, dal trampolino, e arrivi coi piedi sul pavimento azzurro intenso?
Quello.
Da lì ti dai la spinta e bolla dopo bolla, bolla dopo bolla, punti verso il cielo alla ricerca di ossigeno.

Così é stata la sua vita.
Il lavoro da “dentro”, la scuola, il diploma, il rompere tutte le regole imposte dall’organizzazione criminale, il rischio di essere accoppato, la ricerca di quell’aria.
Una urgenza, una necessità.

Aria.

Ma aria davvero, quella dei campi, quella che si respira fuori dal carcere, quella che ti entra nei polmoni per la prima volta quando vieni al mondo, quella che sembra ti manchi quando ridi assai. E invece ti sta riempiendo di vita, la Vita.

“Non ci si può fare niente”
Quante volte si è pensato questo di un ragazzino che cresce in uno dei quartieri più tristemente noti d’Italia e finisce per beccarsi 20 anni dietro le sbarre?
Ma chi ci avrebbe creduto in una storia così?

Sai cosa.
Sai cosa ti dico?
Se quel ragazzino è riuscito ad attraversare il tunnel, a continuare a camminare, nel buio, senza sapere se e quando mai sarebbe arrivata la luce e a diventare un uomo, un uomo libero, un padre, un operatore; se é stato possibile questo,
Cosa, realmente, non lo é?

Forse i miei/tuoi sogni?
Forse il mio/tuo lavoro?
Forse, cosa? L’ attitudine alla Vita? Le abitudini?
Sono tutte così così piccole.

“Non ci si può fare niente” oggi mi sembra una scusa, una ottima scusa che ci diamo, ci siamo date, per restare ferme, al caldo, in un posto che lentamente uccide, ma che non fa paura.

E nulla di più.

Grazie alla @coop_sociale_aldiladeisogni e a quest’uomo guerriero capace di farti ridere e piangere allo stesso tempo.
E capace di portare bellezza nel mondo.

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