Chi siete? Con quali musiche, colori, odori, parole, storie vi definireste?
Domanda difficilissima, ci si passa la vita a cercarne la risposta.
Siamo sempre alla ricerca di noi stesse e il viaggio di Pedala Diritto ha aggiunto dei tasselli al meraviglioso puzzle delle nostre vite.
Recentemente abbiamo scoperto di essere entrambe “multipotenziali”. Il che vuol dire che abbiamo tanti talenti e passioni, ci piace fare tante cose, siamo curiose, sempre in movimento con il corpo e con la mente. Questa scoperta ci ha portate a fare molta ricerca rispetto alla domanda “chi sei?” e rende difficile definirci in modo univoco, però possiamo cercare di riassumere così.
Ilaria è una counselor, sciamana e (a breve) insegnante di yoga, è appassionata di fotografia, adora viaggiare e cantare e ha dedicato buona parte della sua vita ad aiutare le persone più fragili, infatti fa sempre un sacco di volontariato.
Vincenza è una giurista alternativa, odia gli azzeccagarbugli ma ama ogni soluzione che produca giustizia (se le inventa tutte per ottenere questo risultato!). Trae molta della sua energia vitale dalla musica e cerca di restituirla ballando e suonando ogni volta che può. Ama l’arte di strada e si sente particolarmente a suo agio nelle piazze.

Dove vi siete conosciute? Per quale motivo avete scelto di partire insieme, proprio voi due?
Ci siamo conosciute a casa di Rocco, un amico comune che ha una parte importante nelle nostre vite (e che, tra l’altro, ha fatto una tappa del viaggio insieme a noi). Quel giorno Rocco aveva dato appuntamento ad entrambe per andare a vedere un terreno che sognavamo di far diventare un orto sociale. Insomma, nel nostro incontro c’erano i semi della progettualità, della sostenibilità e della condivisione fin dall’inizio.
Negli anni successivi abbiamo scoperto di avere anche altre passioni comuni, ma soprattutto una sana incoscienza che ci avrebbe permesso di ideare un viaggio così e partire con grande entusiasmo.
E la bici? che ruolo ha in questo viaggio e nelle vostre vite?
La bici è stato il vero motore del viaggio già prima di partire: l’idea che ci girava per la testa è diventata concreta quando un’amica ci ha letteralmente messo sotto il sedere la bici con cui era andata anni prima a Capo Nord. Da quel momento avevamo “il carburante”, un potenziale esplosivo che non poteva rimanere in garage! Così le abbiamo trovato una compagna e siamo andate.
Le nostre bici sono persone, le abbiamo addirittura battezzate! Si chiamano Tomato Ketchup e Mustard. Sono state delle ottime compagne di viaggio, non solo dei mezzi per spostarci.
Ci hanno regalato una nuova dimensione del tempo, più concreta, più lenta di quella a cui eravamo abituate ma allo stesso tempo più veloce di noi a piedi.
Ci hanno dato la possibilità di non poggiare i piedi a terra, come fossimo state su un tappeto volante, ma anche di sentire tangibilmente la strada, l’aria, i profumi, il caldo di agosto e una nuova percezione del corpo (alla fine della giornata ci facevano male dei muscoli che non sapevamo nemmeno di avere!).
Ci siamo rese conto solo alla fine che si trattava di un mezzo particolarmente “aggregante” perché ha permesso ad un numero di volta in volta variabile di persone di ogni età di seguirci fisicamente. Insomma, non avremmo potuto scegliere mezzo migliore per realizzare l’idea di viaggio che avevamo in mente!
Oggi la bici ha una parte fondamentale nella vita di Vincenza. Lei la usa tutti i giorni per spostarsi. Mentre nella vita di Ilaria ha ancora una parte marginale perché fa più fatica ad organizzare il tempo (mannaggia alla multipotenzialità). In ogni caso, Ilaria si sposta con un’auto ibrida. E’ perdonata?
La mia domanda preferita è: Perché?
Credo che alla base di ogni viaggio (e di ogni scelta) ci sia un Perché. Qualcosa che ci fa scattare nella pancia e dire… Ok, adesso vado. Adesso lo faccio davvero. Qual è stato o sono stati i vostri perché?
Ma perché siamo incoscienti! Ahahaha! No, vabbè, su questa cosa scherziamo molto e ha sicuramente svolto un ruolo importante nell’organizzazione del viaggio e nel viverlo in piena libertà.
Seriamente, siamo partite perché, come ci hanno detto durante il viaggio, avevamo in corpo l’idea e l’audacia (che sommate, in effetti, danno l’incoscienza), perché avevamo bisogno di positività e di lanciare un messaggio vitale intenso. Perché sapevamo che l’Italia è bella e gli italiani ancora di più, così volevamo mostrare quello che non vedevamo ai TG: un’Italia solidale, che si occupa degli altri, che ha voglia creare benessere comune, che difende i diritti di tutti.
Qualcosa di simile a quello che la tv mostra in questi giorni e che esisteva già molto prima della pandemia. Ne siamo testimoni!
Da Torino a Riace sono -secondo google maps- 1321 km, voi quanti ne avete fatti?
A me ogni volta che parlo con un* ciclo-turista mi sembra di parlare con un essere mitologico… (Non avendolo mai fatto) mi sembra una impresa epica. Come vi siete organizzate? Eravate allenate? Che tipo di bicicletta avevate? Che strade avete preso?
È stata proprio così, un’impresa epica! Almeno per noi che non eravamo allenate e per nulla preparate alle salite. Siamo donne di pianura, i km che abbiamo fatto in, chiamiamoli, “allenamenti” avevano un dislivello di 300 metri al massimo, spalmati in 35 km. Perciò no, niente allenamento, nessuna precedente esperienza di viaggi in bici e un po’ di paura degli Appennini, dei cani randagi e del caldo di agosto.
Ma è andato comunque tutto bene, fa più paura pensare di partire che farlo davvero!
E poi ti guardi indietro e quasi ti sembra una bazzecola perché ci si abitua alla nuova dimensione temporale e muscolare.
Prima di partire abbiamo chiesto consigli ad amici più esperti e abbiamo fatto un piccolo corso di riparazione bici. Perché incoscienti sì, ma con criterio, dai.
Per il resto abbiamo installato un’applicazione sul cell che avrebbe dovuto indicarci le strade migliori su cui pedalare e per la maggior parte del tempo è stata utile. A parte quando voleva farci guadare un fiume perché lo visualizzava come un sentiero. E quando, per farci risparmiare un po’ di km, voleva farci scendere da una strada acciottolata con pendenza estrema.
Poi comunque, durante il viaggio abbiamo imparato che della strada dovevamo fidarci, che era l’unica variabile della nostra giornata su cui non avremmo potuto fare grandi previsioni, quindi decidevamo tutto man mano!
Quali sono le realtà che avete incontrato, quali sono quelle che più vi sono rimaste nel cuore e perché?
Ne abbiamo incontrate tante, inizialmente abbiamo lanciato un appello sui social per prendere i primi contatti ed è stato buffo vedere che alcuni ci chiedevano se eravamo interessate a loro anche se non si occupavano di migranti. Naturalmente sì, non è stato facile far passare il concetto che diritti umani sono i diritti di tutti, per il solo fatto di essere al mondo.
Il nostro viaggio era inclusivo per natura e noi stesse ci siamo lasciate stupire da quanto gli italiani fossero capaci di creare iniziative positive in ogni settore.
Così ne abbiamo incontrate tantissime: avevamo programmato 10 tappe con una media di una, massimo due realtà per tappa, alla fine ne abbiamo incontrate quasi 40.
Ognuno si occupava di tematiche diverse seppur relative ai diritti di tutti, dall’ambiente alla malavita organizzata, dalla disabilità all’inclusione sociale. Ognuno lo faceva perché “non poteva farne a meno, non avrebbe avuto senso una vita senza fare quello” ci siamo sentite ripetere tante volte.
Ti raccontiamo solo di una realtà – e scegliamo la tappa che abbiamo fatto proprio nella tua città – anche se vorremmo raccontarti del dettaglio di tutte quante le persone che abbiamo incontrato. E’ possibile però trovare un racconto più completo sul nostro sito.
Dunque, la nostra tappa bolognese ci ha portate a incontrare Giuseppe, Samantha e Biagio nel progetto “Gira la Cartolina” presso l’Associazione Piazza Grande. Loro hanno vissuto per le strade della città per periodi più o meno lunghi, perché può succedere che la vita faccia qualche scherzo. Ora però hanno ritrovato una ragione di vita e conducono per quelle strade chi abbia voglia di visitare Bologna guardandola da un punto di vista diverso da quello del turista.
Sono meravigliosi: Samantha per esempio ha la passione per il teatro, Biagio invece per la biologia. Nei loro tour ci mettono tutte le loro passioni e, a sentirli descrivere i loro progetti, sembrano tra i migliori imprenditori che l’Italia possa avere.
Biagio, nel raccontarci la sua storia con sfacciatissimo accento bolognese, ha detto una frase che ci è rimasta nel cuore, perché ci è sembrato che in quel momento stesse raccontando anche la nostra storia.
Ha detto: “A un certo punto ho capito che nella vita non bisogna farsi i ca**i propri, è proprio necessario farsi i ca**i degli altri”.
Riace. Come mai avete scelto Riace?
e poi… Siete arrivate, anche voi, in Calabria in un periodo difficile, con l’esilio di Lucano e una comunità sfaldata. Eravate state anche prima, durante i tempi migliori del piccolo borgo? Che impressione vi ha fatto rivedere o conoscere la realtà calabrese?

Non ci eravamo mai state e abbiamo scelto la meta proprio per il significato che portava dentro di sé quella comunità, un significato assolutamente in linea con il nostro viaggio. Riace per noi era la città dell’accoglienza, legata a persone che hanno fatto delle scelte forti per la propria vita e per quella degli altri – Lucano in primis e ogni singola persona che ha vissuto quell’esperienza, da migrante o da autoctono.
Ci avevano raccontato di un paesino deserto e abbandonato, molto triste. Abbiamo trovato un paesino curato nei dettagli, pieno di colori, di vita, di attenzione in ogni centimetro. Abbiamo respirato i profumi di tutto il mediterraneo soltanto camminando per le vie all’ora di pranzo. È stato emozionante.
A differenza di tutte le altre tappe che avevamo programmato a Riace non avevamo appuntamenti precisi. Avevamo provato a contattare il sindaco dell’epoca ma senza ricevere risposta. Così abbiamo iniziato a passeggiare e chiacchierare con la gente al bar, lungo i vicoli, nei negozi di alimentari. Nessun filtro di nessun tipo: abbiamo ascoltato le loro storie e ci ha stupito la fiducia che ognuna emanava. Era come se tutti sapessero che una soluzione migliore era possibile e che sarebbe stato inevitabile arrivarci.
Tra l’altro, proprio in questi giorni abbiamo sentito una diretta facebook del sindaco della nostra città (che è tutto fuorché politicamente in linea con Lucano) in cui ipotizzava una misura locale per affrontare l’attuale stato di allerta simile ad una attuata nella Riace di Lucano.
Questo ci ha fatte tornare con il pensiero alle parole dei riacesi.
Viaggio e bici: quali indicazioni pratiche dareste a qualcuno (tipo pigro come me) che vorrebbe avvicinarsi ad un’impresa simile? Quali cose non possono mancare per viaggiare leggere ed in sicurezza?
La buona notizia è che per viaggiare in bicicletta nessun oggetto è indispensabile. Un piccolo kit di riparazione e acqua per dissetarsi sono gli unici “attrezzi del mestiere” consigliati. Per il resto, abbiamo imparato, non serve niente, neanche le mutande! Però ci vuole la presenza, l’attenzione e le antenne dritte per non correre rischi sulla strada. Ecco, l’unica cosa indispensabile è la voglia di stare connessi. È quella che ti salva lungo la via e che ti fa anche capire quando il tuo corpo non ce la fa più, quando è ora di concedergli una pausa.
Quando siamo partite avevamo molto entusiasmo ma anche la paura di non riuscire ad arrivare alla meta. I primi giorni sono stati un vero test per metterci alla prova e capire se avevamo esagerato. Eravamo un po’ tese. Ad un certo punto abbiamo accettato la nuova dimensione e ci siamo dette che non avremmo spinto il nostro corpo oltre il limite, ci siamo dette che quel viaggio doveva essere “umano” prima di tutto per noi. E così tutto ha funzionato.
Ora ti aspetterai anche una cattiva notizia. In effetti c’è ed è che purtroppo non tutto dipende da te quando sei in bici sulla strada. In Italia manca ancora molta educazione stradale e rispetto dei ciclisti sia per quanto riguarda le infrastrutture che la condotta degli automobilisti. Sensibilizzare in questa direzione è una responsabilità di tutti.
Ho letto, qualche giorno fa, che Ilaria è “una donna su 10”, non so se hai/avete voglia di parlarne ma…. credo sia una bella storia da raccontare alle donne che vivono la stessa condizione. Torino/Riace in bicicletta è possibile? Se un viaggio così è possibile, quante altre cose sono superabili? Con quali attenzioni? Che consigli daresti?
Ilaria conosce bene il termine malattia in senso lato, anche da prima di ammalarsi, per questo risponde alla domanda “è possibile?” con “dipende”.
Molti limiti stanno solo nella nostra testa. Altri no.
Lei è fortunata perché prevalentemente sta bene, le capita raramente di non riuscire ad alzarsi e si stanca prima di altre persone ma comunque non così in fretta. Si ricorda bene, però, di momenti in cui non riusciva a programmare niente nel futuro perché sembrava impossibile fare qualsiasi cosa con tutto quel dolore.
Ora è un bel momento, il fisico risponde piuttosto bene allo sforzo, lei sta attenta all’alimentazione e fa una vita normale.
Durante il nostro viaggio non è sempre andato tutto liscio ma è sempre arrivata alla meta, ogni giorno, anche quelli in cui avrebbe potuto lasciare vincere la malattia, buttare a terra la bici e tornare a casa (o in ospedale, a seconda dei giorni). Essere in due, in questo caso, ha fatto la differenza.
Il messaggio che vorremmo dare, non solo alle donne “1 su 10”, ma a tutti quanti è che la vita è fatta di alti e bassi, certi eventi non li possiamo prevedere né contrastare, ma la differenza la fa la nostra risposta a quegli eventi. Esattamente come sta succedendo in questo periodo di quarantena causa Covid-19, possiamo considerarci tutti malati in un certo senso, perché abbiamo perso buona parte delle nostre libertà. E come reagiamo a questa clausura forzata? Beh, l’esperienza ci ha insegnato a non perderci d’animo, che tutto cambia continuamente e di riempirci il cuore di esperienze belle, che possano farci sopportare meglio i momenti bui che naturalmente affronteremo nel viaggio chiamato vita. E di continuare ad immaginare e progettare il futuro, poiché una forte motivazione può smuovere anche le montagne!
[*1 donna su 10 soffre di endometriosi]
Come è cambiato il vostro rapporto durante questo viaggio? Da viaggiatrice preferisco -sarò onesta- viaggiare da sola. Riconosco, però, che un’esperienza condivisa è molto importante all’interno delle amicizie e di qualsiasi rapporto… E voi? Qualcosa è cambiato rispetto a prima? Stare insieme tra le bellezze del paesaggio e le fatiche delle salite cosa ha comportato? Insomma, come si attraversa l’Italia in bici, in due, in piena estate, senza litigare e restando unite?
Ah che bella domanda! Necessita di una premessa però, quasi un coming out. Può sembrare banale ma dobbiamo precisare che non siamo una coppia, anzi siamo addirittura etero! La domanda ci è stata fatta varie volte e, probabilmente, altrettante volte è stato pensato che per fare un viaggio che avesse come focus i diritti probabilmente avevamo una motivazione personale che ci spingeva a farlo e l’omosessualità poteva essere la risposta più semplice.
In realtà non è affatto così e questo è molto importante per rispondere alla tua domanda. Un viaggio a due, se fossimo state una coppia, sarebbe stato meno vissuto. Forse una delle due avrebbe fatto delle scelte per assecondare l’altra e non rovinare gli equilibri di coppia. Invece noi ce lo siamo godute come un’esperienza personale, nel rispetto dell’altra ma anche nella consapevolezza che avere qualcuno con cui condividere i vissuti di quei momenti era una ricchezza.
Poi, come abbiamo fatto a non litigare, rimane un mistero anche per noi! In effetti, prima di partire, non sapevamo come avremmo reagito al possibile stress fisico e avevamo messo in conto qualche screzio. Di fatto è andato tutto liscio, le nostre due personalità sono emerse e si sono differenziate ancora di più e ci siamo dette a vicenda che non avremmo mai avuto le risorse per fare la stessa cosa da sole. Vincenza, per esempio, si sarebbe persa ai primi chilometri, Ilaria avrebbe perso l’equilibrio già in garage..ahahah!
In ogni caso la prova è superata e siamo collaudate per poter continuare insieme a lavorare su questo progetto.
Avete un episodio (a testa), una immagine, un momento in cui avete detto: Wow! Il momento “WoW” del viaggio, qual è stato per voi?
Per Ilaria i momenti wow sono stati 2: quando ha fatto i primi metri con Tomato Ketchup carica di bagagli è stato un po’ come quando il suo bisnonno le ha tolto le rotelle dalla sua prima bici, tipo “wow, riesco a stare in equilibrio, non cado!”; e quando ha visto il cartello del comune di Riace Marina, quando mancavano ancora 7/8 km alla meta vera (in salita) ha pensato “wow, ce l’abbiamo fatta!”.
Per Vincenza il momento wow è stato arrivare a Scampia con l’R5, l’autobus di linea che collega la stazione di Napoli centrale con il quartiere periferico. Ci abbiamo messo un’intera mattinata: dopo un babà pieno di rhum (come consigliato di amici del posto), tanta fatica per capire come portare le bici con noi, la ricerca di un garage custodito in cui lasciarle una volta capito che non c’era alternativa, l’attesa sotto il sole con singolari soggetti che vivevano alla stazione di Napoli e infine, il viaggio in autobus raccogliendo tutte le aspettative che avevamo su quell’incontro. L’arrivo è stato rilassante, silenzioso, accogliente, stupefacente rispetto al caos di quei giorni napoletani. È stato come arrivare a casa, è stata anche l’unica volta durante il viaggio in cui ci è stata offerta una cucina e abbiamo potuto preparare una pasta da mangiare insieme, naturalmente con la passata di pomodoro Funky Tomato, coltivata e prodotta nelle terre confiscate alla camorra.
E adesso? Avete altri progetti per la testa, insieme o singolarmente?
Dunque, considerando che Pedala Diritto è nato dall’idea di fare un viaggio in Marocco (e poi siamo finite a Riace) potremmo dirti cosa abbiamo in mente ora ma poi chissà dove finiremo!
Allora, entrambe stiamo sognando il Sud America, per l’esattezza Ilaria sogna il Perù e Vincenza l’Argentina. Non ci andremmo in bici e neanche insieme, nel sogno…chissà nella realtà!
Poi abbiamo in mente ancora viaggi italiani. Per esempio la Ciclovia sul Canale Cavour, appena sarà pronta la faremo di sicuro – tra l’altro è proprio vicino casa nostra. E poi siamo di casa anche in Puglia e ci piacerebbe moltissimo dedicare un cicloviaggio a questa terra. Tra l’altro è la regione del Sul Italia meglio fornita di piste ciclabili, e questo è un dato affatto banale, visto che non è stata una passeggiata la parte “meridionale” del nostro viaggio!
Infine stiamo lavorando a “Sentieri Umani”. Si tratta di eventi che coniugano conoscenza del territorio e realtà impegnate nel sociale. Ne abbiamo realizzati già un paio nella nostra città per un pubblico di turisti stranieri. Ne avevamo altri in programma per questo periodo e ci stavamo divertendo molto ma per il momento attendiamo tempi più sereni, per goderci al meglio i sentieri.
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