Ci hanno messo in testa che il fare é più importante dell’essere, che il ruolo sociale dipende strettamente dal lavoro che svolgiamo e che il mestiere é quella roba per cui ti alzi al mattino e vieni retribuito alla fine del mese.
Ci hanno messo in testa la sicurezza economica.
Ci hanno inculcato ad essere competitivi, veloci, produttivi.
Ci hanno convinto che se avremo tutto ciò che ci viene proposto, in termini di oggetti, obiettivi, relazioni, certezze, allora saremo felici.
Allora saremo al sicuro.
Ci chiedono di sostenere la ricerca contro il cancro senza pensare mai ad indagare le cause della malattia ed a modificare quelle.
Ci propongono il moment act per il mal di testa e la pillola contraccettiva per non avere più disturbi mestruali.
E non pensarci più.
Il collante é qui: meno sentiamo il corpo e i suoi messaggi, meno sentiamo l’anima e più saremo disposti a bere un sogno che non appartiene a noi stessi.
E saremo omologati.
Al sicuro.
Gestibili e gestiti.
Se non hai un lavoro, una etichetta sotto la quale riconoscerti, rifugiarti e riconoscerti, cosa stai facendo?
Chi sei?
Cosa sei?
Qualcosa.
…
Perché nessuno ci chiede mai:
Cosa sei venuto a fare su questa terra?
Qual è la tua missione?
Cosa stai facendo della tua vita, ora?
*Come stai?*
Sai,
non mi interessa il lavoro che fai se non é un mezzo di manifestazione della tua anima.
Mi interessa cosa ti rende felice.
Cosa ti fa svegliare al mattino.
Quando e facendo cosa senti che la tua giornata ha avuto un senso.
Questo.
Questo voglio sapere di te.
Voglio saperne di te.
❤️
[tutto nasce da una breve conversazione con Beatrice Di Cesare, autrice di Vegan Revolution]
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