[Da leggere in 7 minuti con una buona tazza di tè, un gattino bianco&nero sdraiato vicino e dopo aver visto questo video.]

C’è un canto sacro che dice così:
“El aire me da vuelo
El agua a mi me calma
El fuego me da impulso
Y la tierra sanacion”
L’aria, sotto forma di respiro, dona armonia e continuità al movimento.
L’acqua, come nostro principale elemento costitutore, ci aiuta scorrere tra un passo e l’altro.
Il fuoco è motore di azione e di cambiamento.
La terra, senza la quale nessuna radice avrebbe spazio, regge e sorregge i nostri piedi mentre balliamo.
E’ lo spirito che rende gioioso un incontro.
L’unione sacra.
Il Tango è uno spazio sacro.

Avvicinarsi ad un altro essere umano è un gesto di fiducia. E’ una piccola rivoluzione per noi occidentali contemporanei.
E’ continuare a dire di poterlo fare, in un mondo ed in un contesto socio-politico che ci spingono, ogni giorno, a rifiutarci di notare la bellezza; che ci impongono la paura di ciò che è diverso e lontano.
Il tango se ne fotte. Se ne fotte dei traumi, del passato, degli uominidicuinonmipossofidaremai, degli uomini chenoncapiretemailaviolenza, del patriarcato, dei veli integrali e del silicone imposti.
Se ne fotte esattamente come il mare fa con tutto ciò che gli accade tra le onde. Con amorevole cura assorbe e metabolizza. Morde, mastica e digerisce tutto. Continua ad essere.
E di più: il tango dà l’opportunità di purificare, di armonizzare, di rendere questo mondo, un posto migliore.
Ma. Ma ci sono duecentoventisette “Ma”.
Questo tango è raro.
E’ spesso martoriato, esattamente come Madre Natura.
E’ spesso camuffato, esattamente come la verità.
E’ è spesso corazzato, esattamente come un uomo-al-telefono-dentro-un-SUV-dai- finestrini-oscurati-e-l’aria-condizionata-ad-aprile.
Allora il tango, semplicemente non è tango.
E’ parodia, è carnevale.
Ludovico Einaudi – Giorni Dispari

Ma Madre Natura continua a risorgere, tutte le volte che noi la uccidiamo. Ma chi vuole va oltre le righe e si forma leggendo, parlando, toccando con le proprie mani, restando in ricerca.
Ma si potrà sempre scegliere di guardare l’artista di strada che lancia le clave in aria al semaforo ed il bambino che guarda il cane che guarda il pollo arrosto (cit.!)
E io aspetterò una buona tanda lasciando lo sguardo aperto sulla pista…
Perché esiste la mirada?
Onestamente. Qualcuno se l’è mai chiesto?
Qualcuno entra mai in un tempio correndo e spalancando le porte?
In India ci si toglie le scarpe lasciandole insieme a quelle di tutti gli altri in un gesto che rende tutti uguali. Piccoli e uguali.
I musulmani si lavano con cura il viso, le mani, le braccia, le orecchie, l’interno della bocca e le narici del naso prima di pregare in modo da purificare il corpo, ma sopratutto l’anima.
I cattolici si fanno il segno della croce con l’acqua santa e si inchinano.
Le donne e gli uomini pagani si purificano nel palo santo e nella salvia prima di celebrare in cerchio.
E allora perché io dovrei ballare volentieri con qualcuno che mi viene a prelevare come se fossi un pacco? Quale diritto eserciti in quanto “maschio”? Quale presunzione hai per pensare che un invito così possa essere più attraente della sedia su cui ho appoggiato le chiappe?
Se l’incontro è sacro, se per entrare nel tempio mi tolgo le scarpe, respiro, abbasso il capo, in altre parole “lascio ciò che ero per diventare ciò che sono ed essere presente” allora lasciamo che i nostri occhi si cerchino, si osservino, si sentano e poi si scelgano.
In modo paritario. In modo libero.
Forse balleremo meno, ma che importa?
Io li ricordo gli incontri magici avvenuti in milonga. Ricordo i nomi, ma soprattutto ricordo la sensazione di essere tornata a casa. Come sulla terra rossa africana. Come ad Asilah. Come davanti al mare.
Ricordo gli abbracci, morbidi; i respiri, morbidi. Il tempo preso o perso per avvicinarsi, per sincronizzare i cuori nel rispetto della volontà [propria ed altrui], dei bisogni. Sì, ricordo il tempo. Ricordo gli odori. La cura. La magia di vedersi e riconoscersi tra cento. La voglia di tornare in quel mondo lì. Ricordo la reciprocità.
E non importa il numero di figure fatte perché nessuno ci ha guardato. Non ricordo chi era in quella sala. Ricordo, invece, l’odore di cardamomo e la sensazione di esserci già conosciuti in un’altra dimensione. Ricordo che non era più lui, non ero più io e non c’era più niente di tutto il resto.
Era la perfetta fusione dell’energia maschile e femminile.
NOI.
Ho perso il passato, ho perso i progetti, ho perso il “che cosa fai nella vita?” perché non importa. Dio santo, se non importa.
Non importa per chi voti, non importa cosa mangi, non importa se hai figli e tua moglie è scappata con un’altra, non importa se vieni in bicicletta o in Porche Cayenne, non importano i dolori passati.. perché non esistono. E’ un eterno, infinito QUI ed ORA.
E’ per questo che non serve imbellettarsi, non serve esporre il seno come merce al mercato, non serve profumarsi istericamente intossicando i presenti in sala, non importa aver fatto danza classica, né essere giovani e carine… Perché Non serve apparire quando si deve semplicemente essere. Ed è questo che fa paura.
Perché siamo abituati a ruoli, a fare delle cose, a dover essere per forza belle, sensuali, forti e coraggiosi. Abbiamo perso la connessione con l’Anima ed è per questo che stiamo morendo. Socialmente, anagraficamente, Morendo.
E in luna piena. E nella mia fase della incantatrice. E adesso. E qui.
Ho la presunzione di dire che in milonga gli incontri sono rari.
Sono frequenti le manifestazioni istrioniche di disagio personale, i maschilismi, le imbarazzanti performance non richieste, le ancora meno desiderate piccole lezioni, i commenti sgradevoli, gli sguardi giudicanti.
Entra sul palco La società attuale: Vuota.
Io allora resto seduta e godo della musica. E mi auguro di riuscire a farlo, ancora, ancora, ancora, ancora, ancora una volta.
So che quando meno me lo aspetto arriverà un uomo in cammino e sarà evidente il motivo di tutta quella attesa.
Ludovico Einaudi – Nuvole bianche

Concludo, dopo più di mille parole, con immensa gratitudine per chi mi ha mostrato tutto questo, per chi mi ha portato nell’altro Mondo e continua a giocare con me in questa strada.
Voi sapete chi siete.
Chokran.
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